Smart working

Lo smart working può sembrare un aspetto marginale dei cambiamenti sul lavoro, ma è all’interno e il motore di un rinnovamento profondo del tessuto produttivo del Paese, puntando ed investendo sullo sviluppo.

Smart working

Come cita il Ministero del Lavoro il lavoro agile (o smart working) è una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato caratterizzato dall'assenza di vincoli orari o spaziali e un'organizzazione per fasi, cicli e obiettivi, stabilita mediante accordo tra dipendente e datore di lavoro; una modalità che aiuta il lavoratore a conciliare i tempi di vita e lavoro e, al contempo, favorire la crescita della sua produttività.

Il lavoratore quindi, può lavorare dalla propria abitazione quanto in ufficio, in uno spazio pubblico o in uno spazio di coworking.
Nell’ideale del lavoro agile si vuole creare un nuovo modo di lavorare, che integri persone, tecnologie e spazi di lavoro, verso una metodologia che responsabilizza il lavoratore.

Nella nostra società così ricca di cambiamenti avere aziende in grado di essere flessibili vuol dire avere un tessuto produttivo in grado di indirizzare le nuove esigenze del mercato economico e del lavoro, poiché il valore aggiunto degli individui è fondamentale. Lo smart working facilità questo percorso perché aumenta la produttività e l’efficenza, oltre a permettere di attrarre nelle aziende talenti da tutto in territorio nazionale oltre che dall’estero, rendendo le organizzazioni reattive al cambiamento.

È dimostrato in numerosi studi che lo smart working aiuta ad incrementare la produttività dei lavoratori e complessivamente l’efficenza aziendale.
I lavoratori in smart working risultano più produttivi e più soddisfatti. Data la soddisfazione lavorativa ed un miglior bilanciamento tra vita privata e lavoro, presentano anche meno assenze dal lavoro richiedendo meno permessi straordinari.

Nel nostro programma si prevede e si propone una diminuzione delle ore lavorative per aumentare la produttività e l’integrazione del lavoro agile è perfettamente in linea con questo.

Le aziende hanno la possibilità di migliorare la propria produttività, riducendo oltretutto alcuni costi come quelli relativi ad affitti, utenze o risorse cartacee.
Inoltre, lo smart working si è rivelato uno strumento utile per rafforzare un rapporto di fiducia, elemento fondamentale per lo svolgimento del tutto e fedeltà tra datore di lavoro e dipendente.

Il lavoratore può godere di maggiori libertà ed equilibrio tra vita privata e professionale, avendo più tempo per la propria famiglia, assistere i propri cari, più flessibilità per le proprie attività personali o anche solo semplicemente eliminando degli stress dovuti agli spostamenti.

Inoltre, si possono eliminare se non ridurre molti spostamenti extra urbani ed urbani con mezzi propri e questo comporterebbe un vantaggio anche per l’ambiente: secondo uno studio, se in Italia venisse praticato maggiormente lo smart working si potrebbero ridurre solo per questo aspetto emissioni di CO2 di circa 135kg l’anno.

Mentre la legge è molto permissiva abilitando facilmente il lavoro agile e tutela come dovrebbe i lavoratori, ci sono alcuni punti su cui vorremmo agire.

In primo luogo, vorremmo estendere l’abilitazione in modo che se richiesto dal lavoratore, il datore di lavoro non possa negare questa modalità salvo motivazioni oggettive e dimostrabili.
Questo perché sappiamo che molti saranno reticenti a questo cambiamento, ma non può che portare innovazione nelle aziende e progresso nel mercato del lavoro.
Sappiamo però che le esigenze possono essere varie, e vorremmo quindi suggerire per queste casistiche la possibilità - diciamo intermedia - di abilitare il lavoro agile ma con limiti di giornate mensili o settimanali da svolgere fuori dalla sede lavorativa.

Inoltre, sappiamo che ci sono lavoratori che gioverebbero dello smart working ma che non hanno gli strumenti per attuarlo e le aziende non sono strutturate per promuoverlo.
Pertanto, le imprese dovrebbero necessariamente fornire gli strumenti, in luce del rinnovamento e dello sviluppo tecnologico aziendale.
Spingere le aziende a predisporsi a questo cambiamento vuol dire spingere per il progresso e lo sviluppo, poiché comporta in effetto un adeguamento e aggiornamento tecnologico delle imprese del territorio nazionale, che punteranno all’innovazione.

Lo Stato disporrebbe di corsi di formazione per colmare le lacune di conoscenze, addestrando tramite i centri per l’impiego regionali i lavoratori perché possano essere autonomi. Dovrebbero essere finanziati dalle imprese ma queste verrebbero supportate da piani regionali e statali, poiché la formazione dei lavoratori è a beneficio dell’intero tessuto economico italiano, che vedrebbe un innalzamento degli standard e della qualità lavorativa.

Per garantire che il nuovo sistema lavorativo funzioni senza intoppi, lo Stato necessita di un ammodernamento delle infrastrutture di telecomunicazione oltre che ad una maggior copertura del territorio, sfruttando fondi nazionali e comunitari.
Dovremmo garantire connessioni veloci e stabili su tutto territorio nazionale e aumentare notevolmente la velocità delle nostre infrastrutture poiché, nonostante qualche miglioramento nel corso degli ultimi anni ed alcuni piani attivi, la velocità di connessione media nel Paese è insufficiente e non può essere bloccante per lo sviluppo.
Non bisogna però sottovalutare l'importanza sociale del lavoro, avere contatti diretti aiuta a creare un rapporto tra le persone e conseguentemente a lavorare meglio e con più motivazione.
Pertanto, l’attuazione di chiamate e videochiamate tra colleghi e collaboratori, oltre che all’utilizzo di chat e mail per la comunicazione interna, non va ignorata per impedire l’isolamento dell’individuo, gravoso sull’efficenza ma soprattutto sulla salute del lavoratore.
Vorremmo inoltre aggiungere alla normativa che siano previsti o perlomeno incoraggiati incontri aziendali periodici per garantire una base sociale al rapporto lavorativo ed evitare l’alienazione.
In aggiunta a questo, in merito della salute del lavoratore lo Stato metterebbe a disposizione per i primi mesi di transizione - mesi critici anche per la produttività nell’adattamento al nuovo sistema - un supporto psicologico per i lavoratori che lo richiedano.

Sappiamo che la fiducia non può nascere da un giorno all’altro e che non tutte le attività lavorative si possono misurare e/o controllare per garantire scadenze ed efficenza delle aziende.
 La sorveglianza pertanto è uno strumento che può apparentemente risolvere il problema del controllo delle attività in un primo momento, ma che in realtà va a minare le basi della metodologia di base prevista per lo smart working.
Il controllo del lavoro con tramite webcam o altri strumenti non deve e non può essere motivo di sorveglianza attiva del personale poiché causerebbe problemi alle persone e sarebbe una grave infrazione contro il diritto alla privacy, soprattutto se l’attività si svolge nelle mura domestiche.


Lo smart working può quindi sembrare un aspetto marginale dei cambiamenti sul lavoro, ma è all’interno e il motore di un rinnovamento profondo del tessuto produttivo del Paese, puntando ed investendo sullo sviluppo.