Innovazione digitale

Progresso tecnologico per la Pubblica Amministrazione e per le infrastrutture a vantaggio dei cittadini

Innovazione digitale

Sappiamo bene come le nuove tecnologie siano entrate nella gestione amministrativa e burocratica dello stato.

Dal pagamento delle tasse e dei contributi, alle pratiche del proprio comune, sempre più attività vengono svolte online, almeno in parte.

Se da una parte qualche segno di svolta c’è, non è neanche lontanamente sufficiente per rendere la fruizione dei servizi pubblici agevole e snella da parte dei cittadini.

In tanti casi non si tratta neanche di servizi o pratiche burocratiche, ma pure di informazioni.

In tanti Paesi la burocrazia online è già in atto e anche dove l’alfabetizzazione digitale non è superiore al nostro Paese si è dimostrato che cittadini ed imprese riescono con successo e più rapidamente ad accedere ai servizi richiesti.

Il nostro governo ogni anno stanzia dei fondi per l’innovazione digitale della Pubblica Amministrazione ma il problema è più profondo.

Abbiamo commissioni ed agenzie ministeriali come l’Agenzia per l’Italia Digitale (AgID) che da alcuni anni promuove progetti mirati alla digitalizzazione della PA portando innovazione ed omogeneità, oltre che agevolazioni all’utilizzo ed all’integrazione di nuove tecnologie.

Il tutto è sfociato in investimenti, giusti a mio parere, da parte della PA per adeguarsi alle linee guida del ministero. Questi investimenti però non hanno cambiato la situazione poiché non sempre le PA hanno ricevuto dal governo il supporto adeguato per capire le motivazioni o gli obiettivi, perché in tanti casi il risultato è stato mediocre o solo di apparenza.

Quello che serve è un decisivo rinnovamento che porti vantaggio ai cittadini in primo luogo, ma anche alle PA, permettendo di crescere con coscienza.

In tanti casi le PA, non avendo gli strumenti necessari, si sono affidate a soluzioni prodotte da privati, ma con scarsi risultati.

Dovremo invece investire nell’Open Source, dove le soluzioni siano condivise, migliorate e portate avanti da più entità.

L’AgID ha sviluppato in maniera open source molteplici progetti che sono ogni giorno mantenuti e sviluppati, ma spesso vengono affidati a privati perché il Team per l’Italia Digitale (che si occupa di questo) non ha le risorse per gestire i progetti.

Nel corso del tempo inoltre, la direzione del Team Digitale è cambiata stravolgendo la direzione e buttando all’aria molti investimenti.

Quello che serve sono soluzioni complete ed efficaci per fornire servizi ai cittadini ed alle imprese, ma anche per la pubblica amministrazione e le istituzioni nazionali.

Il contributo esterno è accettato se non incoraggiato perché le imprese si inseriscano in questi progetti e li adoperino e adattino per le forniture pubbliche e per fornire integrazioni con altri sistemi, così che la commissione che gestisce e segue questi progetti possa attingere a rinnovate conoscenze, consigli e riscontri creando una effettiva rete di cooperazione.

Il Team Digitale è una commissione di tecnici e dovrebbe essere un riferimento nazionale per i progetti open source e avere al suo interno esperti di open source e gestione progetti.

Buoni sviluppatori non sempre sono buoni responsabili di progetti, vanno misurate entrambe le cose perché il risultato impatta su tutto il Paese.

Il Team Digitale quindi va rafforzato e organizzato adeguatamente per gestire progetti che andranno avanti per anni e che dovrà sostenere le esigenze del momento.

Un esempio per chiarire la necessità: se prendiamo il caso di INPS durante il periodo di quarantena per il coronavirus, quando i cittadini sono riversati sul suo portale e si trovarono con il sito che non rispondeva e con problemi di sicurezza, pertanto dobbiamo garantire infrastrutture e sistemi performanti e sicuri. Superato questo, gli utenti non sempre hanno trovato efficacemente le informazioni cercate e non hanno potuto accedere al servizio.

C’è quindi da ripensare e investire su tutto il sistema tecnologico che ruota attorno ai servizi pubblici.

Le PA devono inoltre scegliere soluzioni Open Source ovunque possibile: per la posta elettronica, per le intranet, i portali web, le suite per ufficio, gli archivi e le applicazioni.

Questo permette maggior sicurezza, maggior tutela della privacy e più possibilità di personalizzazione sull’utilizzo, oltre che essendo pensate appositamente per le nostre PA.

Ci sono casi virtuosi nel Paese come il caso di FUSS, progetto della Provincia Autonoma di Trento che ha permesso di costruire una suite di software per le scuole sicuro, completo e fatto su misura delle necessità delle nostre scuole e che è costato in 9 anni quanto un anno di licenze proprietarie quando l’amministrazione leghista nel 2018 ha chiuso il progetto in favore di soluzioni di Microsoft.

Il progetto potrebbe essere portato avanti anche da studenti delle scuole superiori e studenti e ricercatori dalle università e si possono pensare dei finanziamenti per le imprese che contribuiscono o creano progetti nella community.

Progetti come questo andrebbero incoraggiati, supportati e finanziati, oltre che inseriti nei piani ministeriali per le nostre istituzioni.

Ci sono molti progetti proposti dal Team Digitale come l’applicazione IO che sono degni di nota e che vanno nella direzione giusta per i cittadini. Prendendo il caso dell’applicazione IO, si tratta di un ottimo progetto per le prerogative e per com’è pensato, un ottimo strumento per i cittadini. Peccato che, come altre soluzioni, rimane difficile da integrare e non viene spinto su questo, emergono problemi su scala più larga ed è stata pubblicata con gran clamore ma con funzionalità seriamente limitate. Ecco perché va riprogettato tutto il sistema di strumenti digitali dello stato, in modo da garantire queste integrazioni.

Un pezzo che manca inoltre è che questi sistemi devono essere pensati come di facile integrazione, altrimenti tutti i progetti sussidiari costeranno troppo e la manutenzione diventa difficile, quindi anche l’evoluzione.

Tutto questo non ha però compimento se non si integra in un innovamento digitale più ampio.

Primo tra tutti, servono pesanti investimenti sulle infrastrutture per aumentare la velocità della connessione ad internet, che è decisamente pessima.

Questo permetterebbe investimenti privati dall’estero e faciliterebbe l’ingresso di aziende straniere che si occupano di digitale nel territorio, garantirebbe fruizione più agevolata di informazioni da parte di cittadini e di risorse per gli studenti, di connessione per le aziende; garantirebbe la possibilità di abilitare il lavoro agile e vorremmo estendere il più possibile la copertura nazionale.

Ci sono dei piani in atto tramite un piano strategico ministeriale (COBUL) ma i risultati non si sono visti, mentre il nostro obiettivo è di portare la nostra rete ai livelli della Svezia.

I fondi sono già previsti dal Fondo Europeo di Sviluppo Regionale, fondo stanziato per principalmente l'innovazione digitale da cui alcune regioni d'Italia già attingono, noi ci metteremo la volontà di portare a termine questi risultati.

Un ultimo argomento va lasciato al 5G, fronte del futuro della connessione mobile, che potrebbe garantire una buona copertura sul territorio, oltre ad una elevata stabilità e velocità, tutte cose che mancano.

L’introduzione e l’abilitazione della tecnologia nella rete nazionale va però vagliata sul campo della sicurezza informatica e della privacy siccome sono presenti ancora dubbi e questioni aperte.

Abbiamo già assegnato bande dedicate e sono già attivi i bandi per gli operatori telefonici, ma servirebbe un’armonizzazione a livello europeo per facilitare e meglio organizzare la questione infrastrutturale.

Se vengono garantiti standard di privacy adatti e sicuri per gli utenti, allora vogliamo investire pesantemente sulle infrastrutture e lanciare i programmi di installazione ed utilizzo il prima possibile per dare il via al progresso della rete mobile nel Paese, altrimenti va rivisto tutto il piano: i diritti dei cittadini vengono prima e gli standard tecnologici devono seguire questi.